La tiroidite post partum è una particolare forma di tiroidite autoimmune che si caratterizza per avere una precisa collocazione temporale.
|
Si manifesta, infatti, nelle donne che hanno partorito, in genere entro sei mesi dal parto, anche se vi sono casi di insorgenza fino a 18 mesi dal parto.
La frequenza è maggiore nelle donne con tiroidite cronica autoimmune e diabete mellito insulino dipendente.
La tiroidite post partum causa, di solito, in circa l’80% dei casi, una disfunzione tiroidea circoscritta nel tempo, cioè transitoria.
Compare di solito dopo una gravidanza a termine anche se sono descritti casi di tiroiditi post aborto. |
Il decorso clinico è trifasico e tipico delle tiroiditi destruenti e comprende una fase iniziale di tireotossicosi transitoria,cui segue una fase di temporaneo ipotiroidismo con, infine, successivo graduale recupero e ripristino dell’eutiroidismo clinico-ormonale.
La fase di tireotossicosi è dovuta alla liberazione in circolo di ormoni tiroidei preformati, mentre, quella ipotiroidea è da imputare alla deplezione della riserva di ormoni preformati. Come già detto, però, queste fasi di distiroidismo sono transitorie e nell’80% dei casi, entro un anno dal parto, vi è un naturale e completo ripristino della normale funzione tiroidea.
Viene considerata la stessa entità clinica della tiroidite silente di cui, tranne il rapporto cronologico con il parto, condivide la patogenesi, la clinica,l’infiltrazione linfomonocitaria della ghiandola tiroidea e la fisiopatologia.
Tuttavia il decorso clinico può essere polimorfo,con un andamento trifasico nel 30% dei casi, come precedentemente esposto, o con espressione clinica della sola fase di ipertiroidismo nel 10-20% dei casi o della sola fase di ipotiroidismo nel 40% dei casi.
Nella quasi totalità dei casi è apprezzabile un piccolo gozzo di grado I OMS con aumento della consistenza parenchimatosa ghiandolare alla palpazione, ma senza dolore.
I sintomi correlano con l’entità della distruzione ghiandolare e, spesso, essendo lievi ed aspecifici, vengono erroneamente attribuiti all’astenia ed allo stress puerperale.
La fase di tireotossicosi si manifesta entro 1-6 mesi dal parto e dura in media 1-2 mesi. La fase ipotiroidea è più tardiva, compare a 4-8 mesi dal parto e può durare 4-6 mesi.
I sintomi della fase di tireotossicosi sono lievi, spesso assenti nel 30% dei casi, autolimitanti e comprendenti l’astenia, le palpitazioni, l’intolleranza al caldo con iperidrosi e facile irritabilità.
La fase ipotiroidea è clinicamente più manifesta e si caratterizza per la comparsa di astenia progressiva, facile faticabilità, difficoltà mestiche, stitichezza, artromialgie diffuse e adinamia.
Controversi sono, ad oggi, gli studi che correlerebbero la tiroidite post-partum od anche la sola positività autoanticorpale tiroidea con la sindrome depressiva post partum.
Tuttavia, alcuni studi, recentemente, dimostrerebbero una correlazione tra positività autoanticorpale e depressione post-partum, indipendentemente dalla funzione tiroidea.
La prognosi è usualmente fausta. Tuttavia è possibile una evoluzione in franco e permanente ipotiroidismo clinico – ormonale nel 23 e 29% delle donne affette da tiroidite post partum, dopo un follow-up rispettivamente di 4 e 9 anni.
Sono fattori prognostici negativi per un'evoluzione in ipotiroidismo permanente:
-
l'elevato titolo autoanticorpale tiroideo
-
l’espressione clinica monofasica ipotiroidea
-
la gravità dell’ipotiroidismo iniziale
-
l’ipoecogenicità della ghiandola tiroidea
-
la multiparità
-
l’anamnesi positiva per poliabortività
|
La prevalenza della tiroidite post partum è, in realtà, assai variabile dall’1 al 16% delle donne che hanno partorito: è più bassa nella aree endemiche iodocarenti, mentre, è nettamente più alta nelle zone iodosufficienti o in quelle sottoposte di recente a iodoprofilassi.
In media, la prevalenza nelle aree iodosufficienti, è stimata intorno al 5-8%.
Nelle donne con IDDM (diabete mellito insulino dipendente) la prevalenza è tripla cioè di circa il 15%.
Sono predisposte le donne che nel 1° trimestre mostrano una positività autoanticorpale per gli AAT (AbTPO e AbTg) con una prevalenza che arriva al 35-50% e con un rischio di sviluppare tiroidite post partum che correla con il titolo autoanticorpale riscontrato.
Di contro, nelle donne che non presentano autoanticorpi all’inizio della gravidanza, il rischio di sviluppare la tiroidite dopo il parto è bassa e dell’ordine dello 0-5%.
Le donne che hanno avuto una tiroidite post partum hanno un rischio di recidiva del 70% in caso di successiva gravidanza. Inoltre è stato osservato anche che le donne con positività per anticorpi tiroidei che non manifestano tiroidite subito dopo il parto, hanno una probabilità del 25% di svilupparla in una successiva gravidanza.
Dal punto di vista etiopatogenetico la tiroidite post-partum è una riacutizzazione/riesacerbazione di una tiroidite autoimmune preesistente dovuta al “rebaund” immunologico che si verifica subito dopo la gravidanza che, come è noto, implica uno stato di tolleranza immunologica.
All’esame istologico si evidenzia marcata infiltrazione linfocitaria ma, a differenza della tiroidite di Hashimoto, i follicoli sono normali e mancano le cellule di Hurthle, i gentri germinativi, l’atrofia e la fibrosi.
La diagnosi deve essere clinicamente sospettata in tutte le donne, che hanno manifestato positività per gli anticorpi tiroidei AbTPO e AbTg nel 1° trimestre di gravidanza e che manifestano disfunzione tiroidea e gozzo nei mesi seguenti il parto.
Dal punto di vista clinico laboratoristico per la diagnosi è sufficiente il riscontro di valori soppressi del TSH (< di 0,35 mcU/ml) con o senza elevazione degli ormoni tiroidei FT4 ed FT3 nella fase di ipertiroidismo, elevati del TSH (> di 4 mcU/ml) con o senza riduzione degli ormoni tiroidei nella fase di ipotiroidismo ed il dosaggio degli autoanticorpi AbTPO e AbTg.
Nelle forme sub-cliniche, gli ormoni tiroidei risultano normali ed è solo il TSH ad indirizzarci verso la diagnosi di ipo e di iper-tiroidismo sub-clinico a seconda dei valori elevati o soppressi. |
|
L’ecografia, in mani esperte, è diagnostica di tiroidite post-partum, evidenziando una caratteristica e patognomonica ipoecogenicità ghiandolare che correla con l’infiltrazione linfocitaria e con la positività autoanticorpale e che, spesso precede la disfunzione tiroidea.
Una persistenza della ipoecogenicità ghiandolare viene universalmente accettata come fattore prognostico negativo per l’evoluzione in ipotiroidismo permanente.
All’integrazione colordoppler non si osservano segni di ipervascolarizzazione.
La scintigrafia con I131 o con Tc 99 è controindicata in donne che allattano.
Nei casi sospetti, previa sospensione dell’allattamento per 2-3 giorni, può effettuarsi scintigrafia tiroidea con Tc 99 che evidenzia assente captazione del tracciante e in caso di uso dell’isotopo I123, captazione dello iodio radioattivo < del 5% alla 24^ ora.
Di solito la diagnosi di tiroidite post partum è abbastanza agevole se si riscontra tireotossicosi con elevazione degli AbTPO e/o AbTg e negatività dei TRAB(anticorpi anti recettore del TSH), specie se tale positività autoanticorpale si è manifestata nel 1° trimestre di gravidanza.
Tuttavia, la 1^ fase di tireotossicosi della tiroidite post partum può far sorgere problemi di diagnosi differenziale con l’ipertiroidismo autoimmune di Graves Basedow.
Tale diagnosi differenziale si impone perché le due condizioni hanno un decorso clinico ed implicazioni terapeutiche differenti.
Intanto nel puerperio la tiroidite post partum è 10 volte più frequente del M. di Basedow.
Tuttavia la tiroidite post partum può insorgere in donne con pregresso M. di Basedow o, addirittura, può precederne l’insorgenza.
Di solito comunque la tireotossicosi da tiroidite post partum è di entità nettamente più lieve rispetto all’ipertiroidismo autoimmune, ha una durata più breve e non è associata ad esoftalmopatia.
Il riscontro di anticorpi anti recettore del TSH è quasi sempre diagnostico di M. di Basedow, anche se, in alcuni casi di tiroidite post partum, può riscontrarsi positivizzazione dei TRAB a basso titolo.
Dal punto di vista laboratoristico il riscontro di un rapporto tra T3/T4 < di 20 è tipico delle tiroiditi destruenti, come la tiroidite post-partum.
L’ecografia con l’integrazione color doppler è sicuramente indispensabile per la diagnosi differenziale, perché evidenzia, oltre all’ipoecogenicità ghiandolare, comune alle due condizioni cliniche, l’aumentata vascolarizzazione nel M. di Basedow. Ancora più dirimente è il test di captazione del radioiodio (effettuabile solo nelle donne che non allattano), che evidenzia la ridotta captazione del radiotracciante nella tiroidite post partum e, di contro, un’aumentata fissazione nel Basedow.
La 2^ fase della tiroidite post partum, ipotiroidea, va differenziata dall’ipotiroidismo da tiroidite cronica autoimmune.
Innanzitutto un ipotiroidismo che insorge dopo un anno dal parto è difficilmente da tiroidite post partum e depone per una forma cronica autoimmune di Hashimoto.
Di contro, se si ha una positività autoanticorpale tiroidea durante il 1° trimestre di gravidanza, con normofunzionalità tiroidea e insorgenza di ipotiroidismo entro 12 mesi dal parto, è più probabile la diagnosi di tiroidite post partum, specie nelle donne con associate altre malattie autoimmuni, in primis il diabete mellito 1° tipo.
In caso non si disponga di tali dati anamnestici del 1° trimestre, la diagnosi di tiroidite del post partum è solo presuntiva, non potendosi escludere un ipotiroidismo autoimmune preesistente alla condizione gravidica. La risoluzione dell’ipotiroidismo nell’arco di qualche mese depone comunque, retrospettivamente, per la tiroidite post-partum.
|
La terapia della tiroidite post partum varia a seconda della fase clinica e dell’espressività sintomatologia.
La fase di tireotossicosi, è spesso transitoria e di lieve entità e può non richiedere alcun trattamento. |
Nei casi di sintomatologia tireotossica (tachicardia spiccata, sudorazione, ansia, tremori, etc.) può instaurarsi terapia con beta bloccanti (propanololo 10-40 mg X 3 die o atenololo 25-100 mg die in monosomministrazione giornaliera). Entrambi i beta bloccanti non presentano alcuna controindicazione in caso di allattamento al seno.
I farmaci tireostatici (MMI: Tapazole cp 5 mg) non sono indicati nella tireotossicosi da tiroidite post partum in quanto dovuta alla liberazione di ormoni tiroidei preformati e non ad una condizione di ipertiroidismo con aumentata sintesi.
Nella fase di ipotiroidismo conclamato è indicata la terapia sostitutiva con levo-tiroxina.
Ancora controversa è invece la terapia con L-T4 in caso di ipotiroidismo sub-clinico (TSH elevato > di 4 mcU/ml con normalità di FT4 ed FT3), data, spesso, la transitorietà di tale fase ipotiroidea.
Tuttavia, in caso di ipotiroidismo sub-clinico, con associata positività autoanticorpale (AbTPO e AbTg), è opportuna l’instaurazione di adeguata terapia tiroxinica, magari rivalutando ad 8 mesi - 1 anno l’eventuale ripristino della normofunzionalità tiroidea sospendendo l’L-T4 o provando a dimezzarne il dosaggio, valutando la risposta del TSH.
La prognosi della tiroidite post partum è ottima nel 70-80% dei casi con ripristino dell’eutiroidismo clinico ed ormonale entro 3 mesi - 1 anno dall’insorgenza.
Nel 20-30% può evolvere in ipotiroidismo cronico autoimmune permanente, facilmente correggibile con opoterapia sostitutiva tiroxinica con ottimo compenso funzionale tiroideo.
Il follow-up delle donne con tiroidite post partum va effettuato con dosaggio di TSH, FT4, AbTg e AbTPO + controllo clinico ogni 2 mesi per il primo anno dopo il parto. Dopodiché, in caso di remissione clinico ormonale, è sufficiente la valutazione del solo TSH ogni 6 mesi per 2 anni e poi una volta l’anno per qualche anno.
Lo screening della tiroidite post partum non può essere proposto in tutte le gravide per l’elevato rapporto costo/beneficio.
Però, nelle gravide che manifestano rapido incremento ponderale post partum e con associate altre malattie autoimmuni, come il diabete 1° tipo, è opportuno screening a 3 mesi dal parto con dosaggio del TSH, FT4, AbTPO e AbTg. Se vi è alterazione del TSH e/o positività degli anticorpi AbTPO e AbTg la paziente va posta in follow-up.
In realtà il migliore screening, andrebbe fatto nel 1° trimestre di gravidanza con dosaggio del TSH, AbTPO e AbTg in tutte le gravide, per la prevenzione di un eventuale ipotiroidismo materno e delle conseguenze negative sul nascituro soprattutto di ordine neuro-psichico. |