La gravidanza è una condizione endocrino-immunologica di speciale eccezionalità
che comporta una serie di modificazioni ormonali, immunologiche, cardiovascolari, respiratorie etc.,
finalizzate al mantenimento ed allo sviluppo ottimale dell'unità feto placentare.
Il primo segnale endocrino dell'inizio della gravidanza è dato dall'elevazione della beta-HCG.
La Gonadotropina corionica (Beta-HCG) infatti, viene prodotta dal trofoblasto ancor prima dell'impianto, stimola il corpo luteo, blocca il ciclo ovarico materno e segna l'inizio della gravidanza.
La beta-HCG è una glicoproteina costituita da due subunità: alfa (peso molecolare 18000) e beta (peso molecolare 28000).
La subunità alfa è comune a quella dell'FSH, dell'LH e del TSH.
La subunità beta, invece, è specifica per l'HCG e le sue proprietà antigeniche sono alla base del dosaggio immuno-enzimatico di questo ormone che permette la diagnosi di gravidanza sin dalle primissime fasi dell’annidamento e ancor prima che si verifichi il blocco mestruale.
La beta HCG ha anche un effetto TSH simile ma di modesta entità e comunque non tale da causare un ipertiroidismo in una gravidanza normale.
Inoltre sembra stimolare la precoce secrezione di testosterone da parte del testicolo embrionale
e stimolerebbe anche il corticosurrene fetale.
|
|
"Donna Gravida"
di Fabio Sanna |
La beta HCG serve anche a monitorare l'andamento della gravidanza: la sua concentrazione ematica aumenta progressivamente sino alla 10^–12^ settimana, successivamente la sua concentrazione decrementa sino alla 20^ settiamana di gestazione per impennare nuovamente con un ulteriore picco secretorio alla 35^ settimana.
|
In gravidanza si assiste inoltre ad un aumentata attività del sistema renina-angiotensina-aldosterone, dovuta all'espansione della volemia, compensata da una ridotta risposta all'angiotensina II dovuta all'aumentata produzione placentare e deciduale di prostaglandine ad azione vasodilatatoria.
Anche il progesterone sembra avere azione vasodilatatoria sul circolo placentare.
L'aumento dell'aldosterone inoltre, protegge la gravida dall'effetto natriuretico del progesterone.
Altre variazioni adattative del sistema cardiocircolatorio comprendono l'espansione del volume plasmatico di circa il 40-50%, l'aumento della frequenza cardiaca di circa 15 battiti al minuto e l'aumento della gittata cardiaca. |
L'altra peculiarità metabolica della gravidanza è la condizione di insulino-resistenza, dovuta all'aumento dell'HPL (ormone lattogeno placentare), del GH (ormone della crescita) e all'aumento dei FFA (acidi grassi liberi), che determina per il feto una disponibilità continua e abbondante di glucosio.
Tale condizione di insulino resistenza provoca iperglicemia con iperinsulinemia post-prandiale, ridotta utilizzazione periferica di glucosio e ridotta risposta al glucagone, con aumentato passaggio placentare di glucosio al feto.
I lipidi (trigliceridi e Colesterolo) e le lipoproteine aumentano notevolmente con la progressione della gravidanza per sopperire alla notevole spesa energetica e calorica che la gravidanza comporta (una donna durante tutto i decorso della gravidanza arriva a sciupare in media 90000 calorie).
Anche il metabolismo calcio fosforico si modifica durante la gestazione ed è finalizzato anch'esso a garantire un sufficiente apporto di calcio al feto, soprattutto nell'ultimo trimestre.
In particolare il paratormone, l'ormone ipercalcemizzante prodotto dalle paratiroidi, diminuisce nel primo trimestre per poi aumentare progressivamente sino al termine della gravidanza, creando una situazione di iperparatiroidismo necessaria a coprire il fabbisogno fetale di calcio.
La calcitonina, invece, l'ormone ipocalcemizzante prodotto dalle cellule C parafollicolari della tiroide, aumenta consensualmente agli estrogeni per limitare al massimo la decalcificazione scheletrica materna.
La prolattina, l'ormone prodotto dalla ghiandola ipofisaria, si eleva progressivamente nel sangue materno dalla 13^ settimana e prepara le mammelle all'allattamento, determinando di concerto con GH, Glucocorticoidi, progesterone ed estrogeni, l'iperplasia dei dotti e alveoli mammari.
Durante tutta la gravidanza tuttavia gli estrogeni ed il progesterone, prodotti dalla placenta, inibiscono la produzione lattea mammaria sino al termine della gravidanza
L'ACTH e il Cortisolo aumentano anch'essi durante la gravidanza.
TIROIDE E GRAVIDANZA
Le malattie della tiroide sono, assieme al diabete mellito, le endocrinopatie più frequenti in gravidanza (0,2 - 0,5%) e nel puerperio (5 - 10%).
Nelle zone iodocarenti le patologie tiroidee più frequenti durante la gestazione sono il gozzo semplice e nodulare, mentre nelle aree geografiche a sufficiente apporto iodico prevalgono le tiroiditi autoimmuni.
La gravidanza comporta un aumentato carico funzionale tiroideo con un aumentato fabbisogno di iodio e pertanto può provocare la progressione volumetrica di un gozzo nodulare preesistente. |
|
Ne deriva la necessità di una supplementazione iodica alimentare durante tutto il periodo della gravidanza, sia con integratori multivitaminici contenenti iodio, sia con il sale iodurato, sia
con particolari accorgimenti dietetico-alimentari, privilegiando pesce e frutta esotica, ricchi di iodio.
La gravidanza, di per sé, è una condizione ipermetabolica che mima le sindromi da ipertiroidismo e pertanto può mitigare un ipotiroidismo gravidico e, al contrario può rendere difficile la diagnosi di
una tireotossicosi gravidica all'esordio.
Inoltre le malattie autoimmuni della tiroide in gravidanza, per lo stato di "tolleranza
immunologica" che è propria della gestazione, possono modificare il loro decorso clinico peggiorando nel 1° trimestre, migliorando nel 2° e 3° trimestre e recidivando dopo il parto.
La principale modificazione della fisiologia tiroidea in gravidanza, che contribuisce ad aumentare il carico funzionale ghiandolare, è l'aumento della TBG (thyroxine binding globulin), dovuto all'azione degli estrogeni placentari che ne stimolano la produzione epatica e ne rallentano
la degradazione catabolica.
In particolare gli estrogeni stimolano la produzione di una TBG strutturalmente diversa, più ricca in acido sialico, che ne diminuisce la captazione e la clearance epatica.
Normalmente gli ormoni tiroidei circolano nel sangue legati alla TBG.
In particolare il 75-80% della T4 e l'80-85% della T3 vengono veicolati dalla TBG.
Le rimanenti quote circolano legate all'albumina e alla transtiretina.
L'aumento della concentrazione della TBG comporta un aumento della capacità legante gli ormoni tiroidei con aumento nel siero delle gravide delle frazioni totali TT4 e TT3 a discapito delle frazioni libere FT4 ed FT3.
Per compenso controregolatorio aumenta il TSH che stimola la ghiandola tiroidea alla produzione di T3 e T4 con aumento del carico funzionale.
La TBG inizia ad aumentare gradualmente dalla 3^ settimana di gestazione sino a raddoppiare le sue concentrazioni nel 3^ trimestre rispetto al periodo pre-gravidico.
Dal 4° mese in poi le concentrazioni di TBG rimangono pressochè costanti sino al termine della gravidanza e ritornano ai livelli normali ad un mese dal parto.
Sempre per l'aumentata azione estrogenica vi è un aumento del flusso ematico renale con aumento della clearance renale dello iodio ed un conseguente aumento della ioduria.
Ne consegue che in gravidanza, a causa dell'aumentata perdita renale, vi è un aumento del fabbisogno dello iodio, che per una gestante si aggira sui 250 microgrammi/die.
L'altra modificazione che comporta un ulteriore stress funzionale tiroideo è l'aumentata attività desiodasica placentare.
In particolare, la placenta è dotata di una desiodasi di tipo III, che, quasi a scopo di proteggere il feto da un eventuale sovraccarico di ormoni tiroidei materni, trasforma ed inattiva sia la T4 che la T3 convertendole in reverseT3 e in 3-3’-diiodotironina.
Con la progressione della gravidanza ed il conseguente aumento dimensionale della placenta, aumenta anche l'attività desiodasica III placentare con aumento del carico funzionale tiroideo
che deve compensare l'inattivazione periferica della T4 e della T3.
Ne deriva che nelle gravide ipotiroidee, a causa dell'aumentato fabbisogno tiroideo, dovuto all'aumento della TBG, all'aumento della clearance renale dello iodio e dell'attività desiodasica placentare di tipo III, è necessario incrementare la dose di levo-tiroxina di almeno il 30-40%.
LE TIROIDITI AUTOIMMUNI IN GRAVIDANZA
La gravidanza è, di per sé, una condizione di tolleranza immunologica, che, per 9 mesi,
evita il rigetto del feto.
Taluni paragonano per questo motivo la gravidanza ad un vero e proprio trapianto allogenico perfettamente riuscito.
Tale tolleranza immunologica si realizza per i seguenti motivi noti:
-
immaturità antigenica del feto
-
barriera immunologica placentare
-
presenza di linfociti T soppressori fetali
-
presenza di anticorpi bloccanti materni
-
riduzione delle capacità citolitiche delle cellule natural killer
-
riduzione dell'interleuchina 2
-
riduzione del rapporto linfociti T helper/T soppressori
-
alfa feto proteina, alfa-2-glicoproteina della gravidanza
-
cortisolo, estrogeni e progesterone, BHCG
La placenta gioca comunque il ruolo principale nell'isolare immunologicamente il feto per tutta la durata della gravidanza grazie all'assenza degli antigeni MHC di classe II e all'espressione di quelli di classe I in maniera non immunogenica.
Anche fattori bioumorali contribuiscono al relativo stato di immuno soppressione in gravidanza.
In gravidanza tutte le tireopatie su base autoimmune subiscono un miglioramento
durante la gestazione e peggiorano dopo il parto.
Le tiroiditi post partum non sono altro che l'espressione della riesacerbazione immunologica che si verifica dopo il parto e che slatentizza condizioni di autoimmunità tiroidea di cui vi era già predisposizione.
La tiroidite di Hashimoto migliora nel 1° trimestre di gravidanza.
Nel secondo e terzo trimestre gestazionale infatti si verifica una riduzione del titolo autoanticorpale degli AbTPO e AbTg (anche del 50-70% rispetto a quello iniziale) che subiscono successivamente un'impennata subito dopo il parto.
Anche il Morbo di Basedow subisce un netto miglioramento nel 2° e 3° trimestre di gravidanza con riduzione degli autoanticorpi tireostimolanti (TSAb), che subiscono anch'essi una netta elevazione subito dopo il parto con recrudescenza clinico ormonale della sindrome da ipertiroidismo.
Tuttavia, per il sovraccarico funzionale tiroideo già spiegato prima, è necessario l'aumento della posologia della levo-tiroxina di almeno il 30-40% della dose somministrata prima della gravidanza.
Il riscontro inoltre di anticorpi AbTPO e AbTg non è infrequente in gravidanza (nel 6-19%) e può
decorrere clinicamente silente durante tutto il periodo gestazionale.
In tali casi è comunque opportuno monitorare il TSH per eventualmente individuare e trattare precocemente l'evoluzione in ipotiroidismo anche sub-clinico.
Spesso il rilievo autoanticorpale in gravidanza può, però, essere predittivo di eventuale evoluzione in ipotiroidismo nel post partum (nel 16% dei casi) con elevazione del TSH >di 4 mcU/ml.
Gli anticorpi AbTPO e AbTg, patognomonici della Tiroidite di Hashimoto, anche se attraversano la barriera placentare e si ritrovano nel sangue cordonale, non modificano la funzione tiroidea fetale e neonatale, né sembrano influenzare il peso alla nascita e le funzioni placentari.
Pertanto quasi tutte le gestanti che mantengono l'eutiroidismo durante tutta la gravidanza, anche se hanno titoli elevati di AbTPO e AbTg, partoriscono feti sani ed hanno un'evoluzione normale della gravidanza.
La frequenza di aborto spontaneo è lievemente aumentata nelle gestanti con autoanticorpi tiroidei circolanti (15% circa).
Discorso a parte merita invece la sindrome dell'aborto ricorrente in cui vi è un'elevata prevalenza anche di autoanticorpi tiroidei (nel 36%). |
|
Tali anticorpi tiroidei non sembrano responsabili direttamente dell'aborto ricorrente ma sono di solito associati alla presenza di altri anticorpi (anti-fosfolipidi e altri anticorpi non organo specifici) che comunque sembrano non avere anch'essi un ruolo patogenetico diretto, ma sono la spia di una disfunzione immunologica più generale e ancora da spiegare, che determina l'aborto.
Uno studio ha evidenziato che in alcuni figli di madri affette da Tiroidite di Hashimoto con anticorpi AbTPO e AbTg circolanti, il quoziente intellettivo era normale ma più basso rispetto al gruppo di controllo.
Ciò probabilmente è da attribuire ad un controllo sub-ottimale dell'ipotiroidismo durante l'evoluzione della gravidanza.
Inoltre è sicuramente evitabile un danno, anche minimo, sul piano neurologico, se il follow-up della funzione tiroidea tiene conto del fatto che la dose di ormone tiroideo da somministrare è trimestre dipendente e se la funzione tiroidea viene monitorata con un dosaggio periodico del TSH.
Il TSH va infatti mantenuto sempre in un range di sicurezza (1-1,5 mcU/ml) tale da garantire un ottimale apporto di L-T4 alla madre e all'unità feto-placentare, ma tale da evitare effetti avversi cardiovascolari e metabolici.
In tutte le gravide, nelle prime settimane di gestazione, andrebbe effettuato un screening della funzione tiroidea, magari con il solo dosaggio del TSH e degli AbTPO, specie se presente familiarità per tireopatie, per diabete mellito I tipo e aborto ricorrente.
L'eventuale riscontro di positività autoanticorpale AbTPO e AbTg impone un controllo della funzione tiroidea ed un attento monitoraggio del TSH durante tutta l'evoluzione della gravidanza e soprattutto nel post partum dove non è infrequente osservare il viraggio in ipofunzione ghiandolare.
IPOTIROIDISMO IN GRAVIDANZA
L'ipotiroidismo è l'endocrinopatia più frequentemente riscontrata in gravidanza, assieme al diabete.
Uno studio epidemiogogico americano, in gravide tra il 3° e 4° mese, ha rilevato la presenza di ipotiroidismo sub-clinico (TSH>4 ed FT4 nella norma) nel 2% circa dei casi e di ipotiroidismo clinico-ormonale manifesto (TSH elevato con FT4 bassa) nello 0,3%.
Le cause più frequenti di ipotiroidismo in gravidanza sono:
-
La Tiroidite Autoimmune di Hashimoto (con positività di abTPO e AbTg nel 58% delle gravide con ipotiroidismo sub-clinico e nel 90% dei casi con ipotiroidismo conclamato)
-
La Tiroidite Autoimmune ad evoluzione atrofica (con positività dei TRab bloccanti nel 20-30%); la positività dei TRBab deve par sospettare e prevedere un ipotiroidismo fetale e/o neonatale, spesso transitorio.
-
Evoluzione spontanea o farmaco indotta in ipotiroidismo del Morbo di Basedow o della tiroidite sub-acuta di De Quervain
-
La carenza importante di iodio (soprattutto nei paesi del terzo mondo)
- Post ablazione con I131 o post chirurgico (tiroidectomia totale)
I sintomi accusati dalle gravide con ipotiroidismo comprendono:
-
L'eccessiva freddolosità con particolare intolleranza al freddo
-
Secchezza con aumentata caduta dei capelli che si presentano ruvidi
-
Facile faticabilità ed astenia ingravescente
-
Scarsa capacità di concentrazione
-
Parestesie
-
Rallentamento dei riflessi osteo-tendinei (soprattutto ritardo del periodo di rilasciamento muscolare)
-
Ormai di raro riscontro,per la tempestività con cui si ricorre alla terapia sostitutiva: edema periorbitario, macroglossia, voce rauca.
La diagnosi di ipotiroidismo in gravidanza si pone sul piano clinico, evidenziando il rallentamento, più o meno marcato, di tutte le funzioni dell'organismo e sul piano laboratoristico con l'elevazione del TSH con o senza diminuzione dell'FT4.
In tutte le gravide, alla 1^ visita, andrebbe richiesto il dosaggio del TSH e degli AbTPO, specie se vi è familiarità per malattie autoimmuni, per diabete I tipo etc.
L'ecografia conferma la diagnosi di tiroidite autoimmune evidenziando il caratteristico pattern di più o meno diffusa ipoecogenicità ghiandolare con setti iperecogeni che configura quadri ecografici patognomonici per la diagnosi: "ipoecogenicità a zolle o lacunare o a nido d'ape o a pelle di leopardo" come da vari autori viene chiamata.
Le conseguenze di un ipotiroidismo in gravidanza non corretto sono deleteri e comportano :
-
Preeclampisa(complicanza più frequente) nel 15-21%
-
Distacco di placenta e parto prematuro 0-5%
-
Aumento della mortalità perinatale 1,7-6 %
-
Basso peso alla nascita
-
Maggiore frequenza di malformazioni congenite (dati discordanti in letteratura) 0-3%
-
Sofferenza fetale al momento del parto che richiede il taglio cesareo
-
Ipertensione arteriosa 15-20%
-
Anemia ed emorragie post-partum (dati discordanti in letteratura)
La diagnosi precoce di ipotiroidismo e la terapia sostitutiva con levo-tiroxina comportano una netta riduzione delle complicanze, specie se la diagnosi e il trattamento vengono fatte nelle primissime settimane di gestazione.
|
La Terapia di Elezione dell'Ipotiroidismo in Gravidanza deve essere effettuata con la sola levo-tiroxina a dosi sostitutive che, grazie alla sua lunga emivita (7 giorni), consente il mantenimento di una concentrazione ematica costante di ormoni tiroidei.
Il sale sodico della levo-tiroxina infatti riproduce più fedelmente la fisiologia degli ormoni tiroidei,
essendo una fonte continua, per monodesiodazione periferica, della T3 circolante.
Se l'ipotiroidismo viene neodiagnosticato in
gravidanza, il trattamento con L-T4 deve essere iniziato immediatamente, a
dose piena, secondo le indicazioni clinico-ormonali, l'epoca gestazionale ed
il peso corporeo della gestante.
|
Nei casi di ipotiroidismo conclamato, neodiagnosticato in gravidanza, è opportuno iniziare la terapia con una dose tripla di ormone tiroideo al fine di ripristinare più rapidamente possibile i livelli di tiroxinemia materna, continuando con la dose spettante nei giorni successivi.
Quanto sopra, in assenza di controindicazioni cardiologiche.
La dose ottimale e pienamente sostitutiva è quella in grado di riportare e mantenere il TSH nel range ottimale (0,40-2,5 mcg/die).
Sulla base della nostra esperienza, il range ottimale di sicurezza del TSH nell'ipotiroidismo sotto trattamento sostitutivo con L-T4 in gravidanza è di 1-1,5 mcg/ml.
Comunque la dose deve essere sempre adattata alla singola paziente, in funzione della risposta clinica e cercando comunque di mantenere i valori dell'FT4 ai limiti alti della normalità.
Il follow-up deve essere "stretto" nelle forme particolarmente aggressive di ipotiroidismo
caratterizzato da elevati valori di autoanticorpi circolanti AbTPO e AbTg, con dosaggio del solo TSH a 40 giorni dall'inizio della terapia sostitutiva e poi ogni 2 mesi.
Nell'ipotiroidismo noto prima della gravidanza il dosaggio del TSH deve essere effettuato subito dopo l'inizio della gravidanza e poi ogni 2-3 mesi, avendo cura di aumentare la posologia delle levo-tiroxina di circa il 25-40% della dose somministrata prima dell'inizio della gravidanza.
Inoltre bisogna tenere presente che la dose di tiroxina in gravidanza è trimestre – dipendente e che spesso il passaggio dal 3° al 4° e dal 6°al 7° mese di gravidanza richiede correzioni posologiche della terapia.
L'aumento della dose è maggiore nelle pazienti in trattamento sostitutivo per tiroidectomia chirurgica o radio-ablativa per Morbo di Basedow.
Nelle gravide con Tiroidite di Hashimoto si possono verificare delle remissioni dell'ipotiroidismo
di tipo transitorio che non devono comunque indurre alla sospensione della terapia con levo-tiroxina.
In caso di ipotiroidismo autoimmune è opportuno dosare i TRab di tipo bloccante alla 20^ e30^ settimana perché possono essere responsabili di ipotiroidismo fetale e/o neonatale.
Inoltre sarebbe opportuno dosare nei neonati di madri con ipotiroidismo autoimmune, entro la prima settimana di vita, oltre al TSH anche i Trab.
Gli anticorpi materni diretti contro il recettore del TSH, di tipo bloccante (TRab-blocking), attraversano la placenta e possono determinare ipofunzione tiroidea fetale e/o neonatale di tipo transitorio.
Sono condizioni cliniche molto rare, ma che si devono conoscere perché, se si verificano, richiedono trattamenti specifici ed appropriati.
Inoltre l'ipotiroidismo neonatale spesso è autolimitantesi nell'arco di 15-30 giorni, per la progressiva eliminazione dal sangue neonatale delle immunoglobuline G di provenienza materne, comprese quelle TRab bloccanti.
Il monitoraggio della crescita intrauterina, in mani esperte, è sufficiente ad evidenziare un eventuale ritardo di crescita.
In tal caso si impone il dosaggio del TSH e autoanticorpi TRab nel sangue cordonale. |
|
IPERTIROIDISMO IN GRAVIDANZA
La prevalenza di ipertiroidismo in gravidanza è dello 0,2%, il che significa che circa
2 gravidanze su 1000 sono associate a tireotossicosi.
Le cause più comuni di ipertiroidismo in gravidanza sono:
-
Il Morbo di Basedow (gozzo tossico diffuso)
-
La Sindrome di Marine Lenhardt (gozzo multinodulare tossico)
-
Adenoma di Plummer
-
Mola vescicolare e coriocarcinoma con iperproduzione di B-HCG (rarissimi)
L'esordio clinico può aversi con un'accentuazione dei normali sintomi della gravidanza cioè
con iperidrosi, intolleranza al caldo, iperemesi e facile faticabilità.
La cute può essere calda e madida di sudore, vi può essere tachicardia, aumento della pressione areriosa differenziale, ansia, astenia.
Spesso all'anamnesi emerge familiarità positiva per tireopatie autoimmuni o episodi precedenti di tireotossicosi.
Nei pazienti clinicamente sospetti per ipertiroidismo vanno dosati il TSH che di solito presenta valori bloccati a valori < di 0,1 mcU/ml, con netta elevazione degli ormoni tiroidei liberi FT4 ed FT3.
Nei casi di ipertiroidismo da gozzo uni o plurinodulare tossico vi può essere una isolata elevazione della sola FT3 con TSH bloccato (T3 tossicosi).
Utile lo studio autoanticorpale con dosaggio dei Trab (patognomonici del Basedow), AbTPO, AbTg
(patognomonici di Hashitossicosi).
Il dosaggio dei TRab stimolanti riveste particolare importanza perché, in caso di positività a titolo elevato, può determinare ipertiroidismo fetale e neonatale.
L'ecografia tiroidea è dirimente sull'etiologia dell'ipertiroidismo evidenziando la presenza di uno o più noduli solidi nel Plummer e nel gozzo multinodulare tossico e l'iperplasia simmetrica ghiandolare con diffusa ipoecogenicità e aumentata vascolarizzazione nel Morbo di Basedow.
L'ipertiroidismo non trattato tempestivamente e correttamente in gravidanza può determinare le seguenti complicanze materne:
-
Ipertensione gravidica
-
Preeclampsia
-
Distacco di placenta
-
Aborto spontaneo nell’8-25% dei casi
-
Parto prematuro nel 15-45% dei casi
-
Scompenso cardiaco
-
Anemia
-
Crisi tireotossica al momento del parto
Le conseguenze per il feto invece comprendono:
-
Basso peso per l'epoca gestazionale
-
Il basso peso alla nascita (frequenza 9 volte maggiore nelle gravidanze complicate da ipertiroidismo)
-
Prematurità
-
Morte intrauterina nel 7-25% dei casi
-
Morte neonatale
-
Malformazioni congenite
-
Ipertiroidismo fetale e neonatale
-
Secondo una casistica giapponese, nel 6% di neonati di gravide ipertiroidee non trattate, si riscontravano malformazioni come l'ano imperforato, il labbro leporino, anencefalia.
Il controllo stretto della sindrome da ipertiroidismo riduce nettamente la frequenza di malformazioni a meno dell'1%.
Più in particolare, secondo alcune casistiche, l'8-25% delle gravidanze complicate da ipertiroidismo esitano in aborto e nel 15-45% in parto prematuro.
Il basso peso alla nascita dipende però dalla durata dell'ipertiroidismo non trattato con farmaci tireostatici.
Il tempestivo trattamento dell'ipertiroidismo con farmaci antitiroidei (MMI o PTU) determina la netta riduzione delle complicanze materne e fetali prima elencate.
La riduzione delle complicanze è tanto maggiore quanto più precocemente è instaurata la terapia tireostatica.
Le complicanze si azzerano quasi del tutto se la diagnosi e la terapia vengono poste prima dell'inizio della gravidanza.
L'ipertiroidismo non trattato o trattato non in maniera ottimale può determinare malformazioni congenite.
Pertanto il trattamento con MMI o PTU ha benefici enormi nel prevenire le malformazioni congenite superando di gran lunga qualsiasi dubbio teorico circa un loro possibile effetto teratogeno.
LA TERAPIA DELL'IPERTIROIDISMO IN GRAVIDANZA
Si avvale dei farmaci antitiroidei, le tionamidi (metimazolo, propiltiouracile e carbimazolo in alcuni stati europei), che riescono quasi sempre a controllare bene la tireotossicosi in gravidanza.
Le tionamidi agiscono inibendo la sintesi degli ormoni tiroidei, bloccando l'organificazione dello ioduro e la sua incorporazione nei residui tirosinici della tireoglobulina e il successivo accoppiamento delle iodotirosine per inibizione competitiva con la perossidasi (enzima tiroideo responsabile della ossidazione dello ioduro).
Il propiltiouracile (200-300 mg/die) oltre ad avere le stesse azioni del metimazolo, agisce anche a livello periferico bloccando anche la conversione della T4 in T3.
Tuttavia il Metimazolo (20-30 mg/die) sembra avere un'azione più rapida rispetto al PTU nel ripristinare l'eutiroidismo ormonale, dovuta alla sua più lunga emivita intratiroidea ed al suo maggiore accumulo, essendo più liposolubile.
L'emivita del MMI è di 6-8 ore mentre quella del PTU di 1-2 ore.
Controindicato è l'uso del radioiodio, perché attraversando la barriera placentare causerebbe danni gravi e irreversibili all'embrione o al feto. Controindicato per lo stesso motivo lo ioduro inorganico (attraversa la barriera placentare bloccando la funzione tiroidea fetale) ed il perclorato di potassio in gravidanza.
In ogni caso, le tionamidi non bloccano la dismissione in circolo degli ormoni tiroidei già sintetizzati, ed è per questo che la risposta clinica si verifica dopo almeno 2-3 settimane di terapia.
Gli effetti collaterali che si possono verificare con le tionamidi comprendono le eruzioni cutanee, il prurito, la rara agranulocitosi, disturbi gastroenterici, ittero colostatico, epatotossicità e poliartralgie.
Poiché nell'ipertiroiismo in gravidanza vi può essere di per sé una leucopenia, è opportuno controllare l'emocromo ed anche le transaminasi e Gamma GT prima di iniziare il trattamento tireostatico con MMI o PTU e ad ogni controllo del TSH.
Le tionamidi, a dosi appropriate, non sembrano interferire con la funzione tiroidea del feto e del neonato.
In letteratura non emergono differenze sostanziali tra PTU ed MMI in termini di soppressione della funzione tiroidea fetale.
La terapia con tionamidi, se a dosi congrue e sotto stretto monitoraggio della funzione tiroidea con il periodico dosaggio del TSH, non ha effetti sullo sviluppo intellettivo del nascituro, anche se iniziata nel primo trimestre di gravidanza.
Gli effetti collarerali delle tionamidi, prima descritti, non sono mai stati osservati nei neonati di madri che hanno assunto MMI e PTU.
Non esistono evidenze che dimostrino un effetto teratogeno delle tionamidi sul feto.
Anzi è dimostrato, che nell'ipertiroidismo gravidico non corretto, vi è un elevata incidenza di gravi malformazioni congenite e che tale aumento di incidenza si riduce nelle gravide ipertiroidee se la funzione tiroidea viene prontamente normalizzata con le tionamidi.
Nonostante dai dati comparativi tra PTU ed MMI non emergono differenze significative in termini di efficacia, effetti collaterali per il feto e per la madre, alcuni preferiscono ancora usare il propil tiouracile in gravidanza.
In particolare, tutt'ora, gli americani preferiscono il PTU in gravidanza rispetto all'MMI.
In Europa e in Giappone, invece, il farmaco più largamente usato è il metimazolo.
In realtà la scelta tra PTU o MMI è determinata dall'esperienza del singolo professionista ed anche alla disponibilità locale del PTU.
Se l'ipertiroidismo viene scoperto in una gravida dopo il 6°-7° mese, è opportuno il ricovero ospedaliero, in ambiente endocrinologico, per la più elevata incidenza di complicanze materne e fetali.
L'intervento di tiroidectomia in gravidanza si impone se:
-
Vi sono gravi effetti collaterali da tionamidi
-
In presenza di gozzi voluminosi e compressivi
-
Scarsa compliance della gravida alla terapia tireostatica.
L'intervento chirurgico, limitato a casi eccezionali, deve essere effettuano nel 2° trimestre di gravidanza previo trattamento tireostatico con MMI o PTU e pretrattamento con liquido di Lugol per 5 gg.
Le complicanze di un intervento chirurgico di tiroidectomia in gravidanza comprendono, oltre al rischio di paralisi ricorrenziale e di ipoparatiroidismo, l'ipossiemia e l'acidosi fetale e l'aborto o il parto prematuro.
Nell'ipertiroidismo gravidico da Morbo di Basedow, si assiste ad una parziale remissione dell'ipertiroidismo immunologico, per i motivi esposti nei paragrafi precedenti.
Il controllo dell'ipertiroidismo deve essere tale da mantenere il TSH nel range di normalità e ottimale (1-1,5 mcU/ml), avendo cura di mantenere l'FT4 ai limiti alti della normalità.
Il follow-up dovrebbe prevedere un controllo mensile del TSH, FT4, FC e peso.
I Trab andrebbero dosati alla 2^ e 20^ settimana di gestazione.
La frequenza cardiaca fetale andrebbe anch'essa verificata nei casi con positività dei Trab al 1°, 2° e 3° trimestre con ricerca di gozzo fetale.
La diagnosi ecografica non è agevole per escludere alcune malformazioni come l'aplasia cutis e la craniosiniostenosi.
Dopo il parto, nelle gravide Trab positive, verrà valutata la funzione tiroidea nel neonato alla 1^ e 2^ settimana nel sangue cordonale e verificata la presenza di ev. TRab nel sangue neonatale.
Non vi è controindicazione assoluta all'allattamento al seno materno per le puerpere in trattamento con MMI o PTU, almeno per le prime settimane. Comunque la funzione tiroidea andrebbe in questi casi attentamente monitorata.
Per le donne ipertiroidee trattate con radioiodio non vi è controindicazione a gravidanze successive 12 mesi dopo il trattamento radioablativo con I131.
Non vi sono infatti dimostrazioni in letteratura circa l'associazione tra terapia con I131 nella donna fertile e malformazioni congenite nei nascituri.
La gravidanza, infine, non richiede la sospensione di una precedente terapia con levo-tiroxina
per il trattamento di una displasia nodulare citologicamente benigna, anche se deve essere proseguita con dosi sub-soppressive, per evitare effetti collaterali materno-fetali.
- TORNA SU -
|