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Il carcinoma della tiroide è una neoplasia rara in
quanto costituisce il 2% di tutti i tumori.
Si può manifestare a tutte le età, con massima
incidenza tra i 25 e i 60 anni e con una maggiore prevalenza nel sesso femminile. Tali neoplasie
sono invece molto rare nei bambini.
La sopravvivenza è molto elevata, superando il
90% a 5 anni nelle forme differenziate.
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I tumori della tiroide originano nella maggior parte dei casi dalle cellule follicolari (che compongono il tessuto tiroideo insieme alle cellule parafollicolari o C) e si distinguono in:
- carcinoma papillare: è la forma più frequente di carcinoma differenziato della tiroide (circa il 075%). Presenta una crescita lenta e può dare luogo a metastasi locoregionali che interessano i linfonodi del collo. In alcuni pazienti il tumore è multifocale e può interessare entrambi i lobi della tiroide.
- carcinoma follicolare: rappresenta circa il 15% dei carcinomi differenziati della tiroide e può dare
luogo a metastasi a distanza. Colpisce per lo più persone di età superiore ai 50 anni.
- carcinoma anaplastico: è un tipo di tumore raro (<1% dei tumori della tiroide) ma particolarmente
aggressivo e di difficile gestione, in quanto dà metastasi a distanza molto precocemente ed ha un
decorso gravemente svavorevole.
- carcinoma midollare: origina dalle cellule parafollicolari (o cellule C) e si caratterizza per la presenza di
elevati livelli circolanti di calcitonina. Tale tumore può avere un andamento familiare e può essere la
manifestazione di sindromi genetiche quali la sindrome neoplastica multiple tipo 2 (MEN2).
Un fattore di rischio accertato per il carcinoma
differenziato della tiroide è l'esposizione a
radiazioni.
Il tumore della tiroide è infatti più comune in
persone sottoposte a radioterapia sul collo per
altre neoplasie o esposte a ricadute di materiale
radioattivo come accaduto dopo l’esplosione della
centrale nucleare di Cernobyl.
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Il sintomo più comune del tumore della tiroide è il riscontro alla palpazione o all’osservazione di un nodulo
tiroideo, ossia di una tumefazione circoscritta, palpabile se a localizzazione anteriore.
Solo il 3-5% di tutti i noduli della tiroide sono però forme tumorali maligne.
In alcuni casi, in presenza di un carcinoma tiroideo possono essere riscontrati in sede laterocervicale masse
linfonodali anche di dimensioni e consistenza importanti.
Una volta accertata la presenza di noduli tiroidei, generalmente si effettuano ulteriori approfondimenti
diagnostici, in particolare:
- valutazione della funzione della ghiandola: si effettua misurando i livelli circolanti di TSH, FT4 ed
FT3 come pure gli anticorpi anti Tireoglobulina e anti Tireoperossidasi. Di nessuna utilità è invece il
dosaggio della tireoglobulina.
- ecografia tiroidea: è l’esame radiologico di prima scelta. Di semplice esecuzione, consente di valutare sia le dimensioni sia le caratteristiche ecostrutturali dei noduli. Costituiscono segni di sospetto ecografico la presenza di microcalcificazioni, di vascolarizzazione intra-nodulare e l’irregolarità dei margini del nodulo, la durezza aumentata all’elastosonografia.
- agoaspirato con ago sottile: è indicato in presenza di un nodulo singolo o di un nodulo sospetto
nell’ambito di un gozzo multinodulare. Il campione di cellule così raccolto viene sottoposto ad
esame citologico consentendo di distinguere, in un buon numero di casi, un nodulo benigno da un
nodulo maligno.
- scintigrafia tiroidea: fornisce importanti informazioni sul comportamento funzionale della tiroide e
dei noduli tiroidei, in particolare nei casi in cui il nodulo all’esame citologico venga considerato
dubbio. E’ un esame molto semplice, basato sulla somministrazione per via endovenosa di un
tracciante radioattivo (99mTc-pertecnetato) che viene elettivamente captato dalle cellule tiroidee
misurazione dei livelli di calcitonina,procalcitonina, rapporto procalcitonina/calcitonina, sostanza
che rappresenta il marker specifico del carcinoma midollare della tiroide. In caso di livelli dubbi di
calcitonina, può essere indicato un test di stimolo con calcio o con penta gastrina, in regime di Day
Hospital.
- test genetici: l’esecuzione può essere indicata nel caso di un carcinoma midollare della tiroide, dal
momento che questo tipo di tumore può avere un andamento familiare ed essere parte di sindromi
genetiche quali la sindrome neoplastica endocrina tipo 2 (MEN2).
- TAC, RMN e PET/CT: consentono la stadiazione del tumore identificando le possibili sedi di
diffusione della malattia.
La Medicina Nucleare è inoltre in grado di eseguire la PET/CT con 18F-DOPA: questa nuova metodica si basa sulla caratteristica delle cellule neoplastiche di captare e accumulare aminoacidi.
Sono in corso studi per determinare l’affidabilità diagnostica di questa metodica, che ha tuttavia già dimostrato buona sensibilità e accuratezza.
Quali sono i trattamenti per il carcinoma della tiroide?
Esistono vari tipi di trattamenti, che si possono dividere in chirurgici e non chirurgici.
Trattamenti chirurgici
In tutti i casi di carcinoma della tiroide, la chirurgia rappresenta la prima opzione terapeutica.
Generalmente, in presenza di un tumore della tiroide viene eseguita di routine la tiroidectomia
totale.
La linfadenectomia del compartimento centrale è sempre eseguita in presenza di una carcinoma midollare, mentre in presenza di un carcinoma differenziato (follicolare o papillare) è eseguita solo se intraoperatoriamente si evidenziano linfonodi sospetti per metastasi o di dimensioni
aumentate. Particolare attenzione viene dedicata anche al risultato estetico, grazie all’utilizzo di
suture intradermiche con materiale riassorbibile e alla raccomandazione di massaggi postoperatori
della ferita con creme dedicate per ridurre l’incidenza di cicatrici ipertrofiche.
Nei centri di eccellenza viene effettuata anche la chirurgia mininvasiva video assistita, anche se la
sua indicazione è limitata a casi selezionati: pazienti con tiroide di piccole dimensioni, con un
piccolo tumore e in assenza di concomitanti patologie tiroidee (tiroidite, pregressi interventi,
voluminoso gozzo).
Trattamenti non chirurgici
Dopo l’intervento di tiroidectomia è generalmente indicata l’ablazione del residuo tiroideo
mediante iodio-131, specie per i carcinomi tiroidei a rischio medio-severo.
Lo scopo della Terapia Radiometabolica con iodio 131 è distruggere il tessuto tiroideo normale
che quasi sempre residua anche dopo una tiroidectomia totale ed eliminare eventuali microfocolai neoplastici presenti all’interno dei residui tiroidei o in altre sedi. Un secondo obiettivo di questa terapia è rendere più efficace il follow-up mediante il dosaggio della tireoglobulina sierica e
l’eventuale esecuzione della scintigrafia total-body con iodio 131.
La terapia radiometabolica può essere eseguita solamente in strutture autorizzate all’impiego terapeutico dello iodio 131 e deve essere eseguita in regime di “ricovero protetto”, in particolari stanze dedicate alla Medicina Nucleare.
La terapia radiante e la chemioterapia sono infine indicate nel caso di tumori altamente aggressivi e inoperabili o in quelli caratterizzati da de-differenziazione.
Recentemente il SORAFENIB (Nexavar 200 mg cpr) è stato approvato alla dose di 800 mg die (2
cpr da 200 mg mattino e sera) per il trattamento dei pazienti con carcinoma differenziato della
tiroide (papillare/follicolare/a cellule di Hürthle) localmente avanzato o metastatico, in
progressione, refrattario al radioiodio.
Il sorafenib è un inibitore di molti recettori con attività chinasica (VEGFR e PDGFR) e delle Raf chinasi (con
maggiore avidità di C-Raf e B-Raf).
Queste chinasi sono iperespresse in molte “pathway” molecolari coinvolti nella trasformazione delle cellule
normali in cellule tumorali. Queste pathway includono Raf chinasi, PDGF (fattore di crescita derivato dalle
piastrine), VEGF e c-Kit il recettore per il fattore di staminalità cellulare.
Il sorafenib è in grado di bersagliare ed inibire la pathway Raf/Mek/Erk (o pathway delle MAP chinasi).
Il sorafenib inibisce anche alcune chinasi intracellulari in serina/treonina (ad esempio C-Raf, B-Raf sia wild
type che mutato, eccetera).
Cosa succede dopo la fine delle terapie?
Il follow up è differenziato a seconda del tipo di carcinoma della tirodie che è stato trattato e dalla classe di
rischio.
Carcinoma differenziato della tiroide: i pazienti, trattati con ormone tiroideo (L-Tiroxina) ad un dosaggio
tale da mantenere ridotti livelli di TSH, vengono periodicamente sottoposti ad ecografia del collo e alla determinazione dei livelli circolanti di TSH, FT4, FT3, anticorpi anti tireoglobulina e tireoglobulina (che
costituisce un buon marker neoplastico di malattia nel paziente tiroidectomizzato).
In casi selezionati anche può essere indicato valutare la risposta della tireoglobulina dopo stimolo con TSH
ricombinante umano o procedere ad una Scintigrafia totale corporea con I131.
Carcinoma midollare della tiroide: dopo l’intervento i pazienti effettuano una terapia con ormone tiroideo
(L-Tiroxina) al fine di ovviare all’ipotiroidismo conseguente alla rimozione della tiroide, e vengono
periodicamente rivalutati previo dosaggio di TSH, FT4, FT3 e calcitonina.
GENETICA DEI TUMORI DELLA TIROIDE
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La diagnosi genetica-molecolare, invece, si basa sul riscontro di alcune
mutazioni genetiche che si associano ai tumori tiroidei.
Alcune mutazioni genetiche possono essere caratteristiche e specifiche di un particolare istotipo di tumore tiroideo.
Basandosi su queste scoperte è attualmente possibile valutare nel
materiale prelevato con un agoaspirato tiroideo se nel nodulo
analizzato sono presenti, o meno, le mutazioni genetiche che si
riscontrano nel tumore.
La presenza della mutazione, ovviamente, indica con probabilità quasi
certa che il nodulo tiroideo è un tumore.
Ovviamente si tratta di tecniche innovative la cui diffusione sul
territorio italiano non è ancora ubiquitaria.
L’attuale diagnosi molecolare per i noduli tiroidei prevede lo studio
delle mutazioni di alcuni geni, fra cui ricordiamo: mutazione BRAF, riarrangiamento RET/PTC, riarrangiamento PAX8/PPAR gamma,
mutazione RAS, mutazione RET.
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Attualmente queste mutazioni si associano ad alcuni specifici tumori tiroidei come sottoelencati:
- Si associa al carcinoma papillare della tiroide (PTC): mutazione BRAF;
riarrangiamento RET/PTC;
riarrangiamento PAX8/PPAR gamma;mutazione RAS;
- Si associa al carcinoma midollare della tiroide (MTC): mutazione RET
Mutazione BRAF.
La mutazione del BRAF è stata riscontrata in oltre il 45% dei tumori papillari della tiroide e nel 95% dei casi
si tratta della mutazione BRAF-V600E.
La mutazione del BRAF, tuttavia, è stata riscontrata anche in alcuni tumori tiroidei anaplastici o scarsamente differenziati (verosimilmente derivanti da un papillare).
La mutazione del BRAF non è stata mai riscontrata nei carcinomi follicolari o nei noduli benigni, pertanto
viene considerata tipica del carcinoma papillare ed è solitamente indicativa di una maggior aggessività ed
invasività del tumore.
Riarrangiamento RET/PTC
Il riarrangiamento RET/PTC è stato riscontrato nel 20% dei carcinomi papillari della tiroide.
Esistono diversi riarrangiamenti: RET/PTC1 (70%), RET/PTC3 (25%), RET/PTC2 (5%) e nei bambini con
tumore tiroideo dopo Chernobyl prevale il RET/PTC3.
Tale riarrangiamento si riscontra più frequentemente in età giovanile e si associa solitamente ad una minor
progressione verso le forme sdifferenziate più aggressive.
Mutazione RAS
La mutazione del RAS è stata riscontrata nel 20% dei carcinomi papillari della tiroide (spesso varianti
follicolari, fvPTC) e nel 40% dei carcinomi follicolari (FTC).
Tuttavia una mutazione del RAS è stata riscontrata anche nei noduli benigni, in cui sembra indicare una
maggior propensione alla crescita.
Riarrangiamento PAX8/PPAR gamma
Il riarrangiamento PAX8/PPAR gamma è stata riscontrato nel 40% dei carcinomi follicolari della tiroide
(FTC). Più frequentemente in età giovanile, nei noduli di minor dimensioni e con maggior tendenza a metastatizzare per via ematica.
Mutazione RET
La mutazione del gene RET si associa al carcinoma midollare della tiroide (MTC).
Tale mutazione è sempre presente nelle forme familiari (Neoplase Endocrine Multiple, MEN) e può esserlo
nelle forme sporadiche di carcinoma midollare tiroideo.
Esistono, tuttavia, dei limiti nella diagnostica molecolare tiroidea.
Infatti, per esempio, dei riarrangiamenti RET/PTC sono stati riscontrati anche nelle tiroiditi croniche di Hashimoto e dei riarrangiamenti di PAX8/PPAR gamma in degli adenomi tiroidei benigni.
Nonostante ciò, in virtù di quanto sopra riportato, alcuni studi recenti hanno proposto l’uso di un pannello
che valuti la presenza di tutte queste mutazioni nel materiale prelevato dopo un agoaspirato tiroideo.
La presenza di una mutazione è di sicuro ausilio nella diagnosi, e secondo alcuni, soprattutto nella diagnosi
di alcuni noduli che risultano indeterminati alla valutazione citologica (proliferazione follicolare, lesione
follicolare o TIR3).
Alcuni studiosi, pertanto, suggeriscono l’intervento di asportazione della tiroide (tiroidectomia totale) nel
caso in cui la diagnosi molecolare rilevi la presenza di alcune mutazioni (BRAF, RET/PTC, PAX8/PPAR
gamma, RET) in quanto queste indicano con certezza la presenza di neoplasia.
Anche il riscontro di una mutazione di RAS pone indicazione, per alcuni, all’intervento chirurgico in quanto
pur potendo essere presente in noduli benigni, in questi casi è indicativa di una tendenza alla crescita
dimensionale del nodulo.
In tutti questi casi, inoltre, la presenza di mutazioni potrà fornire informazioni in merito all’entità dell’estensione dell’intervento di tiroidectomia in termini di asportazione linfonodale.
IL FOLLOW-UP DEL CARCINOMA DIFFERENZIATO DELLA TIROIDE
SECONDO LE LINEE GUIDA ATA 2016
Il follow-up diagnostico del carcinoma differenziato della tiroide (CDT) è caratterizzato dal mantenimento
di un'adeguata terapia con ormoni tiroidei ed è finalizzato alla precoce individuazione di persistenza/recidiva di malattia.
Follow-up iniziale
Un primo controllo ormonale, finalizzato a verificare se il paziente assume una dose corretta di levotiroxina
(LT4), è indicato a distanza di circa 3 mesi dal trattamento iniziale (chirurgia ± terapia ablativa con
131I). Il TSH target, in questa fase, andrà modulato sulla base della classe di rischio del paziente (Tab.1).
A distanza di circa 6-12 mesi dal trattamento iniziale si esegue il dosaggio della tireoglobulina (Tg) in corso
di terapia ormonale e/o dopo stimolo con TSH (endogeno o ricombinante) associato al dosaggio degli
anticorpi anti-tireoglobulina (AbTg) ed all’ecografia del collo.
L’impiego della scintigrafia diagnostica con 131I non è routinariamente indicata e trova una possibile applicazione solo in casi selezionati. Alla luce dei dati disponibili in questa fase, la risposta al trattamento
verrà definita come:
- risposta eccellente (non evidenza clinica, biochimica e strumentale di malattia)
- risposta indeterminata (persistenza di valori dosabili di Tg stimolata e/o positività degli AbTg e/o
alterazioni morfologiche aspecifiche)
- risposta biochimica incompleta (persistenza di valori dosabili di Tg in terapia e dopo stimolo, progressivo incremento degli AbTg in assenza di alterazioni strutturali)
- risposta strutturale incompleta (malattia metastatica documentata) (Tab, 2).
Follow-up a lungo termine
La gestione successiva del paziente dovrà essere inizialmente modulata sulla risposta al trattamento iniziale
e, successivamente, sui dati clinici disponibili ad ogni controllo, ridefinendo quindi in maniera dinamica lo
stato di malattia del paziente con CDT (Tab. 2).
I pazienti con "risposta eccellente" hanno un bassissimo rischio di recidiva in corso di follow-up (1-4%),
possono essere riclassificati come aventi un rischio molto basso di recidiva di malattia e non necessitano di
controlli frequenti.
I pazienti con "risposta indeterminata" hanno una minima possibilità di evoluzione verso una persistenza
di malattia per cui non necessitano di controlli frequenti e il trattamento con LT4 dovrà essere di tipo semi soppressivo.
I pazienti con "risposta incompleta biochimica" hanno una buona prognosi con un tasso di remissione
clinica in corso di follow-up di circa il 50-70%, spesso in assenza di ulteriori interventi terapeutici. In questi
pazienti i controlli endocrinologici dovranno essere più frequenti modulando la rivalutazione strumentale
sul base del trend della Tg sierica.
I pazienti con "risposta strutturale incompleta", nonostante ulteriori trattamenti terapeutici continuano ad
avere persistenza (strutturale o biochimica) con un tasso di mortalità di circa il 15% e costituiscono il
gruppo di pazienti con CDT che necessitano di un follow-up intensivo e di un trattamento con LT4 di tipo
soppressivo.
Indicazioni conclusive
Nella gestione del follow-up, l’obiettivo del clinico dovrà essere quello di assicurare al paziente con CDT
una gestione sempre più personalizzata, basata sul suo reale rischio di persistenza/recidiva che andrà ridefinito ad ogni passaggio del suo follow-up. Tutto ciò escluderà da inutili procedure diagnostiche i
pazienti con rischio di recidiva pressoché nullo, ma allo stesso tempo.
Tabella 1: Definizione della classe di rischio proposta dall’American Thyroid Association (ATA) e TSH target
nel follow-up a breve termine in accordo con la classe di rischio ATA
Classi di rischio ATA |
Basso rischio |
Rischio intermedio |
Rischio alto |
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Tumore intratiroideo Non metastasi loco- regionali o a distanza < 5 linfonodi documentati all’istologia (<0.2 cm) Tumore intratiroideo < 1 cm BRAF+ Se terapia con 131I assenza di captazione
patologica |
Minima estensione extratiroidea Varianti istologiche aggressive, invasione vascolare Metastasi linfonodali
clinicamente evidenti o >5
linfonodi documentati alla istologia (<3.0 cm) PTC intratiroideo (1-4 cm) BRAf + Micro-PTC multifocale BRAF+ |
Metastasi a distanza
Metastasi linfonodali >3cm Tg elevata al momento |
TSH target nel follow-up a breve termine |
± ablazione con 131 I: Tg indosabile, e TSH 0.5–2 mU/L. Bassi valori di Tg, TSH 0.1–0.5 mU/L |
TSH 0.1-0.5 mU/l |
TSH <0.1 mU/l |
Table 2. Gestione del follow-p del CDT basato sulla risposta al trattamento
Risposta alla terapia |
Criteri di risposta |
Outcome a lungo termine |
Gestione del follow-up |
Risposta eccellente |
LT4-Tg < 0.2 ng/ml
S-Tg < 1 ng/ml AbTg negativi Indagini strumentali: negative |
Rischio di recidiva: 1-4% |
Controlli: 12-18 mesi TSH target: 0.5-2.0 mU/L |
Risposta indeterminata |
LT4-Tg <1.0 ng/ml e/o S-Tg 1-10 ng/ml e/o AbTg stabili o in riduzione
e/o Indagini strumentali: alterazioni aspecifiche |
Eccellente risposta: 80% Persistenza biochimica: 20% Malattia metastatica: 0% Mortalità: 0% |
Controlli: 12 mesi TSH target 0.5- 1.0 mU/L
Rivalutazione strumentale
(ecografia del collo): 12-24 mesi |
Risposta biochimica incompleta |
LT4-Tg >1.0 ng/ml
e/o S-Tg > ng/ml
e/o
AbTg in aumento
e
Indagini strumentali:
negative
|
Eccellente risposta:
56-68% Persistenza biochimica:
10-27%
Malattia metastatica:
8-17%
Mortalità:
0% |
Controlli: 6-12 mesi
TSH target 0.1-0.4 mU/L
Rivalutazione strumentale
basata sul
trend della Tg |
Risposta strutturale incompleta |
Malattia metastatica
documentata
|
Risposta eccellente: 4%
Persistenza di malattia: 45%
Mortalità: 12% |
TSH target <0.1mU/L
Trattamenti terapeutici
personalizzati |
Legenda:
LT4-Tg: tireoglobulina in terapia ormonale;
S-Tg: tireoglobulina dopo stimolo con TSH esogeno o endogeno
BIBLIOGRAFIA:
- Haugen BR, Alexander EK, Bible KC et al. (2016) American Thyroid Association Management Guidelines for Adult Patients with Thyroid Nodules and Differentiated Thyroid Cancer: The American Thyroid Association Guidelines Task Force on Thyroid Nodules and Differentiated Thyroid Cancer. Thyroid 26 1:1-133
- Tuttle RM, Tala H, Shah J, et al: Estimating risk of recurrence in differentiated thyroid cancer after
total thyroidectomy and radioactive iodine remnant ablation: using response to therapy variables
to modify the initial risk estimates predicted by the DRS American Thyroid Association staging
system. Thyroid, 20 1341-1349, 2010.
- Castagna MG, Maino F, Cipri C, et al: Delayed Risk Stratification, to include the response to initial
treatment (surgery and radioiodine ablation), has better outcome predictivity in differentiated
thyroid cancer patients. Eur J Endocrinol 165:441-6, 2011.
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